
LE INTELLIGENTI SUGGESTIONI DI MARCO GRIOLI
Mi è sempre piaciuto, quello che dipinge Marco Grioli. Anzitutto perché arriva all’asciuttezza estrema del tratto da un figurativo sapiente e articolato. Non è un improvvisatore della domenica, voglio dire. La sua cifra è il risultato di un lavorìo senza sconti a riguardo di sé stesso e della propria militanza, artigliatore della vita che c’è e contemporaneamente sfugge, in un dialogo serrato ma anche poetico tra spazio e tempo, presenze e assenze, colore e linea, reale e informale. Una sintesi istintiva e istintuale (ma non occasionale e tanto meno ingenua) che può significare un piccolo ma sostanziale passo avanti, rispetto a talune fissità del nostro contemporaneo. Che le sue opere non siano figlie di un (eventuale e occasionale) capriccio notturno, ma emergano da un sedimento colto, elaborato, lo testimoniano anche i titoli che attribuisce loro: segnali di ricognizione ironici e illuminanti, citazioni di poeti, calembours, piccoli colpi di fioretto, che testimoniano di una frequentazione implicata della biblioteca e non soltanto del museo. È così che si trascorre tra boschi di zucchero filato (dove il gioco si insinua in una fanciullezza mai superata del tutto, e per fortuna…) e sterminati campi di grano, montaliane distanze e campiture fauve, congedi cerimoniosi e amorose corrispondenze. Sì, l’evoluzione della pittura di Grioli ci convince. I suoi approdi fanno l’occhiolino ai suoi esordi, e il fil rouge dell’intera opera conferma che la sua non è soltanto un’orma di passaggio.
Filippo Davoli


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